mercoledì 27 gennaio 2010

George Best - "Don't die like me"

Una rubrica personale, ma in cui potersi riflettere, in cui trovare una nuova immagine a cui aspirare. Modelli per me, per tanti, di certo non per tutti. Modelli di vita, di stile, di portamento, cultura, passione; modelli di carattere, intelligenza; modelli sportivi, del cinema, dell'arte.


Genio e sregolatezza. Ma non solo, lui era popolare, irascibile, geniale, volubile. Era - semplicemente - George Best, nato a Belfast nel 1946 e morto al Cromwell Hospital di Londra, il 25 novembre 2005, dove era ricoverato da settimane. Le sue doti migliori? Dribbling, cambi di direzione, cross, e controllo di palla sopraffino. Un mito tanto adorabile quanto discutibile (è stato, per intenderci, il giocatore di tutti i tempi preferito di Pelé) che nella sua breve ma intensa vita non riuscì a soffocare le tentazioni dell'alcool, delle belle donne e delle auto veloci. Arrivato al Manchester United all'età di quindici anni, nel 1961, ha debuttato due anni dopo sia in prima squadra che nella Nazionale nordirlandese. Ha giocato le due storiche partite di Coppa dei Campioni contro il Benfica: la prima, nei quarti di finale - nel '66 - conclusasi sul 5-1 per lo United (con due goal di Best), la seconda, in finale - due anni dopo - terminò sul 4-1 dopo i tempi supplementari (un goal di Best, il primo).A soli 26 anni, con un fisico devastato dall'alcool, strappa il suo contratto con lo United e chiude con il calcio inglese, approdando al soccer americano: è ormai la fine della sua carriera calcistica ad alti livelli.Il 1968 rimane il suo anno migliore: vince il titolo inglese, la Coppa dei Campioni, e il Pallone d'oro.
Oggi, di lui rimane il ricordo delle sue giocate ad effetto - da vedere e rivedere - ed il suo look pieno di fascino, trascurato di proposito: barba incolta e capelli lunghi gli valsero il soprannome di "quinto Beatle" e lo distinguevano tra i tanti campioni degli anni '80. Perché lui era diverso, per davvero.


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